sbircia curioso la casa del signor Goethe
tra le fronde vetuste delle querce
il quale ultimamente verso quest’ora usava bere
il suo caffè mattutino,
dopo il caffè si sedeva a fumare il sigaro
nascosto dal fumo
scambiava delle frasi meravigliose col Faust
unico suo vero amico
ma oggi vedeva a malapena
negli ultimi anni una strana malattia lo tormentava
dagli oggetti filtrava luce aceccante
sulle palpebre
roventi granelli di quarzo e sabbia soffiava il vento
con me lui non saprebbe discorrere cosi di niente
ma davvero di niente
pensò invidioso
mentre dalla tasca sinistra cavò un piccolo pezzo
di marmo e alitò sopra
Dì’ Empèdocle
come mi vedi
come sposo
rispose il vecchietto
mazzetto di gelsomino sul vestito nero
nella mano un pennellino flessibile
getto’acqua argentata miscelava sulle ciglia
e soppraciglie della sposa morta
ti sbagli Empèdocle
per le mani dello scheletro mani diligenti
fanno guanti di seta al’uncinetto e ai neonati
piangenti agghindano le orecchie con l’oro
ma è tutto inutile
carichi di questi giochi, un giorno ventoso
cominciamo
a volare ingiù
come il fumo nella bottiglia oscura
come il giovane cretese che sbagliò la danza
sulle corna mortali
nella mia cella pesanti specchi di piombo stanno
roteando, la loro luce
squarcia l’arteria verde dei miei fiori
Su di me
sulle luride pareti dei canali
l’ultimo crittogramma
le minuscole lettere asciutte della sventura stanno
allineati non letti