“Dove sta andando, giovanotto?”
L’Ordine è là, dove’è il buio.
La vicina riva cammina lungo il bordo
del bosco e dell’acqua, luce primordiale,
gli alberi sono microscopiche strome
ma lassù la notte immensa
ci sta dentro, ma continua a ozieggiare.
Coleottero nella luce e sul mastice.
Un aereo ronza, lassù nell’alto, minuscoli occhi
ammiccano malvaggiamente.
Sullo schermo della nostra vita estinta,
si percepisce ancora la traccia del giorno,
ed è notte, è notte,
violino, tamburi, pianoforte e canto,
forse da qualche parte una casa, una botte.
“Il minuto più bello è sempre quello,
che la Vita non ti concede…”
Il frastuono e la paura sono l’Ordine.
Rutta il tramburo come un uomo,
rutta l’uomo come un tamburo.
“Dove sta andando, giovanotto?”
E dove sono finite le saette?
E come frusciavano sull’acqua metallica,
più tardi il tuono colpiva nel vivo,
a lungo stava fermo il Tempo e sghignazzava.
E Dio stava fermo, fermo dietro di loro.
“Che fine hanno fatto gli Dei?”
L’odio è l’Ordine vero.
Che fine, hanno fatto coloro, che non ci son più?
“Dalla spuma crespata si destava il vento,
dimorava nelle nuvole dense.”
Il nonnino abitava in una casetta e la nonnina
gli sgambettava intorno, nonnina minuta.
Dove sarà mai il nugolo dei nipotini?
Via nel bosco e non torneranno mai più a casa.
La nonnina andò a raccogliere funghi
e il nonnino le morì subito dietro.
“Dove sta andando, giovanotto?”
Voce di donna domanda piangendo, voce nauseante.
L’Ordine è là, dov’è la cecità.
Nel bosco vi sono tanti alberi bruni,
sull’altra riva voce più profonda ruglia,
al di quà, il ronzio delle zanzare, canto estinto degli
uccelli,
carta morta si spiegazza su se stessa,
con voci di lettera, canto, stamburata, adosso
“Tre orfani stanno piangendo soli soletti,
in una stanza buia e abbandonata.”