In ricordo di un poeta
Vi vedo alla luce di un folgore lontano
di un mondo nuovo mai avveniente,
morte su di me.
E’ duro il mio singhiozzo
perché la sua lacrima non stilla,
il suo suono non si sente.
E sono dure le mie parole vituperanti
perché vi vedo.
Siete panciuti, coi cervelli gonfi,
subdoli e di cattiva morte.
Rizzate quotidianamente la vostra coda,
al posto vostro altri vi spalancano la bocca
attraverso le deperibili lettere O dei vostri corpi
escono a fiotti le parole fasulle e bambini meschini.
Si diffonde la moltiplicazione.
Si moltiplica la folla, si moltiplicano
le difficoltà della guerra, le vostre ideologie sorde
come il cannone, ricoprono come volgare erbaccia
l’erboso prato del vostro esser’ animali santi,
divenendo sempre più umani, più umani.
Oh, discendenza dei cuori irrequieti!
Abbietti degeneri di quelli coi budelli attorcigliati,
l’odio incrociato con la pietà,
la bigotta fallacia delle masse,
la smisurata impotenza avente milioni di mani,
gli idolatrici discendenti idioti.
Perché i discendenti son più numerosi
di tutti i genitori morti.
Oh, voi che avete l’occhio imbottito di carta,
voi, ciechi ipocriti, perle del mare nero come
la pece; teste di pietra e col guscio di lumaca
rotto, di bocche viscose,
di collo rivoltato, vitelloni a tre gambe
di rosso criptico,
indietro trottante,
meschini,
attori guitti con il sedere senza fondo!
Voi puzzolenti inquisitori dai nasi squagliati,
chiassosi acchiappacani musicali,
arrotini ambulanti feroci senza posto,
vendicatori della vostra miseria
affamati kippah con mani e piede sbraccianti.
Sulle bombe cavalcanti caricatori dei sigari,
costruttori dei macchinari maledetti,
branco occhialuto con camice bianco,
infami oratori del pulpito con l’anime fragili,
attraverso la vostra bocca spalancata
traboccano le vostre interiori e le vostre gambe
penzolano come dimostrazione.
Deboli perfino per la rabbia:
borseggiatori apprendisti dai piedi agili,
con le palle grinzose, piatti, avidi di fame
con i baffi di gatto, oh, vermi di bava,
alla cupidigia anelanti ammosciati
rimbecilliti scimmie - cani, voi.
Voi, scafali di libri umani, quadrati
coi denti di ratto e con proiezione sferica,
oh, voi gambe di staggio foglietti scacazzanti,
damerini feroci con toppe sui gomiti!
Siete degli inquisitori con le facce da culo
e con sedere manganato,
cormorani di sé stessi con colli inanellati.
Oh, voi che sognate i pesci grassi!
Oh, voi di schiena scabrosa!
(Il pugnale insanguinato
non riflette la luce.)
Voi che da tutti avete paura,
non temete voi stessi,
che avete paura della libertà di tutti,
siete tutti col fegato verde,
invidiosi prigionieri vestiti di pagliaccio.
(La Società del vino e del fumo, sta seduta
solitaria e compunta sulla sedia della bettola.)
Siete senza orecchie, senza naso,
senza spina dorsale, insolenti senza testa,
sfacciati, uomini di mano - gamba - coda,
cavillanti, spioni e poveracci.
E la cenere – polvere della mia unica immortale
vita morta, porterete sotto le vostre
suole velenose, con cui l’avete calpestata.